Up Cappella Gentilizia del Santo Crocefisso - Magliano Alfieri Slideshow

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Foto: Beppe Sacchetto © 2024



CAPPELLA GENTILIZIA DEL SANTO CROCEFISSO - MAGLIANO ALFIERI (CN)

 

Magliano Alfieri, 31 Maggio 2024

 

Con l'opportunità di poter visitare e fotografare alcune Chiese altrimenti chiuse al pubblico, ho potuto documentare la Cappella Gentilizia del Santo Crocefisso facente parte del Castello di Magliano Alfieri (CN), in Via Alfieri.

La residenza castellata degli Alfieri di Magliano, situata nel cuore del Roero e realizzata su una preesistente fortezza medievale, venne edificata su commissione del conte Catalano Alfieri (1602-1674), generale di Carlo Emanuele II caduto in disgrazia durante la guerra fra i Savoia e la Repubblica di Genova, e successivamente conclusa dal figlio Carlo Emanuele (1643-1691) nella seconda metà del Seicento.

Il massiccio ed imponente castello, collocato in posizione dominante sulla valle del Tanaro, rivela una costruzione architettonica prettamente barocca: due torri rotonde angolari racchiudono i tre corpi centrali, mentre l’ingresso principale si trova sul fronte nord dove, attraverso un portale ligneo con coronamento in arenaria, si accede al piano nobile. Sulla facciata est è posto invece l’accesso alla cappella privata degli Alfieri, mirabile esempio di barocco maturo.

La Cappella del Santo Crocefisso nel castello di Magliano Alfieri

Siamo sul lato EST del castello e un portale in arenaria ci ha condotti all'interno della cappella gentilizia degli Alfieri, dedicata al Santo Crocefisso e ricordata anche come oratorio della Santa Sindone. La cappella nacque infatti come oratorio, ma quando Monica Maillard de Tournon, la madre di Vittorio Alfieri, abitò nel castello di Magliano perché sposa di un Alfieri di quella casata, ne chiese la consacrazione e la ottenne per intercessione del figlio presso il Papa. "Anderò, come è possibilissimo, a veder la mia madre, e pigliar la benedizione nella cappella di Magliano, dacchè le ho fatto aver licenza dal papa di tenervi il Santissimo: grazia, per cui mia madre non cape nella pelle di gioia".

L'oratorio è stato costruito certamente dopo il 1768: dalle visite pastorali risulta che prima di quella data nel castello vi fosse una cappella dedicata a San Giuseppe; lo stile decorativo barocchetto. ricco di particolari rococò, ne conferma la datazione. Lungo il corso di tutto il Settecento avvennero profondi mutamenti nel campo dell'arte: si passò da un primo barocco ancora intriso di elementi stilistici del Seicento cupo e tenebroso ad una forma sempre più lieve che sfociò nel rococò.
La decorazione rococò è fluente, libera e può svilupparsi in forme geometriche oppure in elementi naturali liberamente interpretati. Lo stucco è il materiale plastico d'elezione. False colonne, false finestre, falsi balconcini ampliano illusivamente lo spazio e comunicano un senso di leggerezza e di bizzarra eleganza. I colori prediletti sono chiari, domina il bianco con sfumature pastello e i motivi sono prevalentemente ispirati all'Arcadia.

La cappella è a pianta rettangolare, a navata unica, con apertura circolare contenente l'altare barocco in finto marmo: un impasto a base di scagliola, pigmenti in polvere e colla che raggiungono gli effetti cromatici del marmo. L'uso del finto marmo può essere definito "arte povera" e si protrasse sino al XIX secolo.

Il disegno dell'altare, di sobria e raffinata eleganza, denuncia essere ideazione di provetto architetto; da notare la bella decorazione che lo adorna, culminante in due bianchi angioletti genuflessi magistralmente eseguiti e posti ai lati del fastigio.
Al centro sta il simbolico pellicano, di morbida resa naturalistica.
Il pellicano è un uccello acquatico del quale si credeva leggendariamente che amasse tanto la propria covata da alimentarla con il sangue che faceva sgorgare squarciandosi il petto a colpi di becco. E' una delle più note allegorie di Cristo.
Una curiosità. Alberto Savinio, fratello di Giorgio De Chirico, rappresentava figure umane con la testa di animale; per la madre scelse la testa del pellicano proprio in onore della capacità di abnegazione di quest'uccello.
Un'altra nota. Nel Paradiso di Dante, Beatrice presenta all'amato alcuni personaggi tra cui Giovanni Evangelista e usa queste parole: "Questi è colui che giacque sopra il petto/ del nostro pellicano" (Canto XXV). Il riferimento è all'Ultima Cena.

Torniamo alla cappella. Da una finta balconata sopra l'altare, degli angeli mostrano la Sindone e più su, in un occhio di cielo, appare la colomba dello Spirito.
Sul soffitto dell'unica navata una illusiva decorazione di elegantissima resa cromatica dilata lo spazio aprendosi in alto a mostrare il cielo, da cui si affacciano angioletti e verso il quale altri angeli salgono rapidi, recando trionfalmente la croce. Un tripudio dí angioletti con i simboli della Passione è visibile pure sulle balconate dipinte che decorano ín alto le pareti.
Finte nicchie sono sistemate infine nei pennacchi della cupola ed in esse sono dipinti quattro vasi di fiori. Tutte le decorazioni a fresco sono realizzate con prospettive di grande effetto architettonico (tromp l'oeil).

La cappella, senza dubbio una delle più interessanti finora conosciute del Settecento Piemontese in area periferica, ospita anche tre grandi tele dove vengono narrati gli ultimi fatti della vita di Cristo.

E' un racconto vero e proprio che parte da Betania, dalla casa di Marta, Maria e Lazzaro dove Gesù resuscita l'amico caro e dice: "Io sono la risurrezione e la vita, chi crede in me anche se morto vivrà e chi vive e crede in me non morrà in eterno" (vangelo di Giovanni), pensiero fulcro della fede cristiana.
La seconda tappa è ancora a Betania nella casa di Simone il lebbroso, dove Maria Maddalena profuma il corpo di Gesù con un unguento di "autentico nardo". Il gesto indigna i discepoli che avrebbero voluto vendere quel profumo per dare aiuto ai poveri. Ma Cristo li rimprovera: "I poveri li avete sempre con voi, (...) mentre non avrete me per sempre" (vangeli di Matteo e di Marco).

Con la pala d'altare ci si sposta da Betania al Golgota, dove Cristo muore sulla croce.

Le tele sono state restaurate ad Aramengo, nel laboratorio di Nicola e sono state riportate nella cappella nel 2006.

Le tele e gli affreschi della volta sono attribuibili a Pier Paolo Operti, pittore braidese del '700 (1704-1793). A conferma dell'attribuzione può valere un confronto stilistico con altre sue opere, in particolare con il Trionfo di Santa Chiara in Bra e con la Crocifissione nella chiesa della Trinità. sempre in Bra.
Inoltre, secondo i documenti, l'Operti fu presente nella Parrocchiale di Magliano Alfieri con l'opera La Madonna del rosario, oggi purtroppo perduta.

Alcuni elementi decorativi delle tele possono attirare la nostra curiosità: il cagnolino scodinzolante nella Resurrezione di Lazzaro, che ne alleggerisce la composizione manierata o l'ancella affannata e il gatto che si aggira nella Cena in casa di Simone, dove le brocche e le pentole in primo piano danno all'opera un'allegrezza conviviale e dimessa.

Forse la Crocifissione è il migliore dei tre dipinti, l'assenza di elementi distraenti ne sottolinea il tono drammatico e solenne.

L'Operti studiò l'arte della pittura a Bologna. Quando tornò a Bra conobbe la povertà e all'inizio dovette vendere le sue opere a poco prezzo per campare. Si rifece presto trovando committenze presso famiglie nobiliari e presso l'Ordine Francescano della città. Fu attivo in tutte le terre intorno a Bra: Sanfrè, Sommariva Bosco, Cherasco, La Morra, Alba e lavorò anche nel Torinese e nell'Alessandrino. I sui temi preferiti sono stati la storia sacra, il ritratto, il paesaggio e l'immagine allegorica.

 

 

    Foto Beppe Sacchetto

 

 

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