CORTEO STORICO PALIO ASTI 2019
Asti, 1 Settembre 2019
IL CORTEO STORICO DEL PALIO 2019 RIONI, BORGHI E COMUNI in ordine di sfilata:
COMUNE DI CASTELL’ALFERO
Valentina Visconti porta in dote la terra di Castell'Alfero
Valentina Visconti, figlia di Gian duca di Milano e dal 1379 signore di Asti, giunse nella nost ra città durante il viaggio
che doveva portarla in Francia, a Melun, ove avrebbe sposato Luigi di Turenne, conte di Valois e di Beaumont.
Il 25 giugno del 1389 Valentina giunge ad Asti,
accompagnata dal cugino Amedeo VII di Savoia, il Conte Rosso ; era
partita da Milano con la scorta di trecento cavalieri a tutela sua e dell’ingente corredo che portava in dote: un
anticipo di 200mila fiorini sulla dote convenuta di 450mila; stoffe pregiate; vasellame ed oggetti artistici in oro,
argento, avorio, ambra, corallo, cristallo; preziosi libri miniati; abiti eleganti; rari e pregiati testi; diamanti; smeraldi;
zaffiri; rubini, perle.
Nel bagaglio privato, era custodito un mazzo di Tarocchi: un innocente passatempo che in seguito i suoi detrattori
presso la co rte di Parigi avrebbero strumentalmente utilizzato a supporto dell’accusa di pratiche magiche, di cui la
giovane sarà oggetto.
Valentina inoltre ricevette dal padre la Contea di Virtù in Francia, la stessa che ventisette anni prima la madre Isabella
aveva portato in dote a Gian Galeazzo, e in Italia la città di Asti con l'intero contado.
L’atto dotale cita tutte le località che erano ricomprese nel territorio di Asti: tra queste anche Castell'Alfero, che viene
definita terra ben popolata e chiusa da mura.
Il Comune bianco, azzurro e oro ricostruisce il corteo che accompagna Valentina e la sua sontuosa dote: personaggi di
alto lignaggio sfilano indossando abiti e mantelli con strascico, di velluto e seta, arricchiti da ricche passamanerie
d'oro e d'argento e da molte pietre preziose. Alcuni recano simboli di abbondanza e fertilità: una ciotola piena di sale,
simbolo di saggezza, le uova ad augurare fertilità, una ciotola di farina, metafora della ricchezza, decorate con petali
di fiori e chicchi di grano.
BORGO VIATOSTO
Ipazia e’ Santa Caterina d’Alessandria?
Il corteo del Borgo Viatosto prende spunto da alcuni studi storici che identificano Santa Caterina di Alessandria d’Egitto con Ipazia, la scienziata egiziana martirizzata nel 415 d.C. Ipazia, matematica, astronoma e filosofa, fu donna di scienza e filosofia, esempio di libertà, della volontà di aprire le menti e di non soggiacere a nessun dogma.
Si deve forse ai templari la “cristianizzazione” della figura di Ipazia, martire del “libero pensiero” di cui ammiravano gli studi e le scoperte.
Santa Caterina di Alessandria d’Egitto, oggetto di grande devozione nei secoli trascorsi, è rappresentata in un affresco all’interno della chiesa di Viatosto.
Aprono il corteo le figure di Ipazia e di Santa Caterina di Alessandria d’Egitto, legate tra loro per rappresentare il legame di due donne che hanno contribuito con la scienza e l’esempio di vita devota alla definizione di un nuovo ruolo della donna. Una ragazza porta fra le mani una fiaccola, emblema del Faro di Alessandria, una delle 7 meraviglie del mondo antico. Ipazia compare circondata da giovani con rotoli di papiro, simboleggianti i molti volumi della celebre biblioteca di Alessandria ; una dama porta fra le mani un astrolabio - invenzione che consacrò alla storia la studiosa – e alcune damigelle rappresentano le costellazioni.
Giungono quindi le Scienze che tentano di strappare il velo che ricopre il volto dell’Ignoranza. A seguire i resti del corpo di Ipazia rievocano l'orribile fine della studiosa trafitta con pugnali fatti di conchiglie affilate da carnefici forse assoldati dell’ambigua figura del vescovo Cirillo.
La seconda parte del corteo è aperta da un cavaliere templare con una grande croce e dalla figura di Caterina d’Alessandria d’Egitto. La Santa, attorniata da ragazze che recano rami di palma, indossa una corona che sottolinea le sue nobili origini. Nel corteo compare poi una parte della ruota dentata, strumento del martirio, che secondo la leggenda si sarebbe rotta uccidendo gli aguzzini. Il quadro è completato da un boia con una spada fra le mani, l’arma con cui venne alla fine decapitata la Santa. Chiude il corteo la riproduzione dell’affresco presente nella chiesa di Viatosto, da sempre fulcro della vita del borgo, raffigurante la Santa nell’atto di presentare una giovinetta all’intercessione della Vergine.
BORGO TORRETTA
Vergini, vedove e donne sposate
Tra la fine del secolo XIII e l’inizio del XIV, anche nella florida Asti, ricca di attività commerciali e bancarie, le donne vengono classificate anche tenendo conto del criterio spirituale della castità, lasciando in secondo piano classificazioni di tipo sociale. Entro il variegato universo femminile, suddiviso in fanciulle, madri di famiglia, donne anziane, regine, contadine, badesse, novizie, ancelle, dame, emergono tre categorie di donne in cui tutte queste figure trovano una propria collocazione come attirate da una forza ordinatrice.
Si tratta di tre categorie antiche ed autorevoli, incessantemente evocate dagli scritti di uomini santi e sapienti: le vergini, le vedove e le donne sposate. Sono tutte donne caste: per scelta di rinuncia, per un evento fortuito o per adempiere virtuosamente al debito coniugale.
La vergine è tale non tanto e non solo per l’integrità del suo corpo ma soprattutto per la purezza dei suoi pensieri, lontani da ogni concupiscenza, grazie alla scelta meditata che ha saputo fare e mantenere; un corpo da sempre incontaminato consente alle vergini di incarnare nel modo più completo e perfetto i valori morali che tutte le
donne devono perseguire nei limiti e nelle forme consentite dalle loro condizioni. Con la morte del coniuge lo status di una donna poteva rimanere fortemente compromesso; le vedove che avevano un buon patrimonio potevano assicurarsi un posto presso le esigenti comunità delle benedettine, delle cistercensi e in seguito delle domenicane oppure, se godevano di proprietà e rispetto sociale, avevano ottime possibilità di risposarsi.
Ciò non valeva senz’altro per le giovani vedove senza mezzi e per tutte le donne sole e bisognose, in città e in campagna, che potevano al massimo aspirare a entrare nella comunità delle donne di servizio.
Le donne sposate dedicano tutte loro stesse alla famiglia come mogli e come madri. L’unità di marito e moglie è anche complementarietà economica : infatti oltre a filare e tessere, occuparsi degli animali domestici, curare e pulire l’abitazione, la donna amministra e conserva quanto il marito produce, guadagna e accumula.
Le vergini, le vedove e le donne sposate sono donne caste in quanto la castità ha la sua sede nell’anima pur avendo nel corpo la sua natura.
RIONE SAN MARTINO SAN ROCCO
Asti accoglie il suo Signore, Carlo Duca d'Orléans
Il duca Carlo d'Orléans, al termine della lunga prigionia che lo vide trattenuto dagli Inglesi per venticinque anni, reclamò presso il re di Francia la restituzione della contea di Asti, ereditata dalla madre Valentina Visconti.
La contea astese, infatti, godeva di una posizione militarmente strategica e costituiva un importante avamposto per una possibile espansione francese verso i territori lombardi.
Partiti da Parigi, Carlo d'Orléans e la moglie Maria duchessa di Clèves, dopo aver percorso la via Francigena e aver oltrepassato il colle del Moncenisio, le città di Susa e di Torino, fecero finalmente il loro solenne ingresso ad Asti il 26 ottobre 1447, attraverso la porta di San Martino, accompagnati dal proprio seguito, di cui facevano parte gli scrittori astigiani Antonio e Nicolò Astesano.
Il Duca fu accolto trionfalmente dal governatore di Asti, Rinaldo di Dresney, dal Consiglio Generale, dalle principali autorità militari e cittadine, tra cui il marchese Garetti di Ceva, il dottore in legge Antonio di Romagnano, il conte Francesco Roero di Revigliasco, e da molte nobili dame francesi ed astigiane accompagnate dalle loro ancelle.
I duchi d'Orléans sfilarono per le vie di Asti sotto un ricco baldacchino trasportato dai nobili "de ospitio" Bartolomeo Scarampi, Manuele Malabaila, Guglielmo Asinari e dai nobili "de populo" Secondino Natta, Benentino Damiano e Giovanni di Curia. I personaggi deputati a codesta alta funzione furono scelti dal Consiglio Generale, il quale stabilì che costoro, riccamente vestiti, indossassero copricapi e guanti bianchi – pagati di tasca propria – in segno di grande letizia e deferenza per l'arrivo del Duca in città.
Gli astigiani, da sempre devoti alla famiglia d'Orléans, poterono apprezzare e godere del mite e buon governo del Duca, il quale, amando Asti come seconda patria, soggiornò a lungo in città prima di far ritorno in Francia.
RIONE SANTA CATERINA
Le fonti miracolose nella cappella sotterranea della Torre Rossa, luogo di prigionia di San Secondo
Stefano Incisa, cronista e storico astigiano, nelle pagine del “Giornale di Asti”, nonché nell’ appendice “Asti nelle sue chiese e iscrizioni”, racconta che nel 1782, in seguito a lavori di ristrutturazione della cappella sotterranea della Torre Rossa - luogo nel quale, secondo la tradizione, venne incarcerato San Secondo - furono ritrovati due pozzetti circolari attorno all’altare, luogo in cui, secondo una tradizione risalente al Medioevo, due piccole sorgenti stillavano l’una acqua salata e l‘altra olio.
Sempre secondo la leggenda, si trattava di liquidi miracolosi e pertanto impiegati per la cura di acciacchi e malanni: pare venissero distribuiti gratuitamente ai malati poveri, che giungevano in questo luogo con la speranza di ottenere sollievo per i loro problemi di salute grazie ad una profonda fede.
Tra il 1250 e il 1300 però i frati del complesso conventuale nel quale sorgeva la Torre Rossa, i Padri Serviti, spinti dalla cupidigia, avrebbero iniziato a far pagare questi liquidi miracolosi.
Gli ammalati poveri che si recavano ad acquistare ciò che le fonti dispensavano pagavano con gli scarsi beni di cui disponevano: prodotti della terra, piccoli animali e cibo sottratto alle loro mense; i nobili invece ostentavano la propria ricchezza e acquistavano l’acqua e l’olio miracolosi pagandoli con gioielli, pellicce e oggetti preziosi.
La leggenda narra che le due fonti, a causa di questo iniquo commercio, si inaridirono per sempre.
Il corteo rosso-celeste ricorda questa tradizione, che celebra la presenza del Santo Patrono all’interno del monumento simbolo del Rione.
BORGO SAN LAZZARO
Angeli e colombe messaggeri di Dio nella storia di conversione e martirio di San Secondo d’Asti
Si narra nella Vita del Glorioso martire s. Secondo (Pila, 1823) : “Raccontano gli Acta Sanctorum che una colomba si posò sul capo a Secondo e che nel passare i due fiumi Tanaro e Bormida Secondo udì la voce d’un angelo che gli facea coraggio a credere in Cristo”.
Nell’anniversario del martirio del Santo, il Borgo San Lazzaro rievoca nel corteo storico la simbologia della conversione al Cristianesimo del soldato romano Secondo.
Angeli e colombe come messaggeri divini sono presenti in molte opere del medioevo astigiano, quali l’ “Angelo annunciante” del 1320 nella casa parrocchiale di Calliano, gli affreschi dell’“Annunciazione” e della “Madonna con il Bambino” del quattrocentesco Maestro di Viatosto o l’“Angelo annunciante” e la “Vergine Annunciata” , conservati in Cattedrale e attribuiti allo stesso autore.
Nell’arte trecentesca e quattrocentesca San Secondo è sempre rappresentato come un giovane cavaliere con la Città di Asti in una mano ed una spada nell’altra, secondo un’impostazione ispirata ai modelli cortesi lombardi: così è raffigurato nell’opera del Maestro della Madonna di San Secondo presente in Collegiata o nel capitello in terracotta che originariamente sosteneva la pala con l’Incoronazione della Vergine nella chiesa parrocchiale di Viatosto, insieme agli angeli ed alla colomba con San Francesco.
Nelle sacre scritture la colomba, simbolo di purezza, è rappresentata con il ramo d’ulivo, messaggera di pace e speranza, ma anche simbolo dello Spirito Santo, come nella leggenda della conversione del Santo Martire Secondo.
Nel corteo si distinguono due figure principali: quella di San Secondo e quella di una dama con un abito che riproduce fedelmente un dipinto del Pisanello. L’abito, nella parte posteriore e nella coda, presenta ali minuziosamente create su modello di quelle di una colomba, simbolo della conversione.
Bianche figure di angeli e dame con raffigurazioni sacre e oggetti liturgici seguono la mistica colomba, mentre il Santo viene simbolicamente scortato dalle allegorie di Tanaro e Bormida in memoria del luogo della conversione e dai nobili astesi, fedeli al Patrono.
BORGO SAN PIETRO
Matematica, Astronomia e Medicina. La diffusione delle scienze arabe nell’Occidente medievale
I rapporti tra mondo arabo e cristiano nel medioevo non furono improntati solo allo scontro armato ma anche all’incontro ed al confronto intellettuale in vari ambiti culturali. Anche prima delle crociate, gli scambi commerciali tra Europa e vicino Oriente erano molto intensi e, tra l’XI ed il XIV secolo, numerosi europei studiarono in centri d’istruzione superiore del mondo islamico. Un mondo che, impadronitosi con le armi dei grandi centri del sapere del mondo antico (India, Persia, Egitto, Grecia), ne aveva raccolto l’eredità culturale, per poi promuovere forme nuove di conoscenza e pensiero attraverso lo sviluppo di un procedimento scientifico (esperienza – induzione – ragionamento).
Il risveglio sociale, dopo l’anno Mille, e le nuove necessità intellettuali spingevano chierici e mercanti a rivolgersi alle biblioteche arabe ricche di preziosi manoscritti filosofici e letterari, venendo a conoscenza di tecniche scientifiche estremamente innovative: grazie alle traduzioni dall’arabo al latino, l’Occidente cristiano scopriva testi e acquisiva competenze sino ad allora sconosciuti in materia di calcolo (algebra, aritmetica, trigonometria), osservazione astronomica, chimica e medicina.
Asti fu sede del Priorato di Lombardia dell’Ordine dei Cavalieri Gerosolimitani o di San Giovanni di Gerusalemme che, oltre a fornire accoglienza ospedaliera a poveri e malati, esercitava la protezione armata in Terrasanta.
Si può ipotizzare che anche i Monaci-Cavalieri della città di San Secondo – dai quali dipendevano oltre una sessantina di ospedali distribuiti in Piemonte e Liguria -mantenessero contatti con gli altri Priorati presenti in terre occupate dagli arabi, e che questi rapporti abbiano favorito la diffusione delle conoscenze scientifiche acquisite soprattutto in campo medico e farmacologico. Il Borgo San Pietro presenta in corteo alcuni manufatti e ricostruzioni di strumenti per il calcolo e astronomici oltre che erbari e trattati di medicina araba.
BORGO SANTA MARIA NUOVA
San Secondo d’Asti Patrono ed emblema della città
I mercanti astigiani all’inizio del Duecento cominciarono ad esercitare le loro attività feneratizia in tutta Europa. Principalmente presenti in Germania, Francia, Olanda, Fiandre e Brabante, erano noti con il nome di Lombardi (esistono ancora una “Lombard street” a Londra e una “rue des Lombards” a Parigi).
Questi astigiani, con i loro banchi di pegno, svolsero un’importantissima funzione nell’economia medievale e nello stesso tempo subirono il fascino e l’influenza dei modelli culturali aristocratici e “cortesi”, che si erano sviluppati in quelle regioni.
Non a caso la più alta espressione simbolica del modello cavalleresco cortese adottato dai “prestavalute” astigiani è l’immagine di San Secondo a cavallo, patrono della città: immagine che compare sul sigillo del comune apposto alla pergamena con la quale Asti dà quietanza a Luigi IX “il Santo” a seguito della restituzione del debito di 53.000 lire tornesi.
La città si identificava col suo patrono, raffigurato come un cavaliere medievale, e nobilitava la propria immagine a scopo propagandistico nei confronti di nemici ed alleati.
La figura del “Santo”, più delle insegne araldiche, divenne l’emblema del potere della città, comparendo sia sulle monete sia sui vessilli delle corporazioni e della “Societas” del Popolo, sulle porte delle mura della città, per tutto il periodo medievale ed anche oltre. Anche quando al libero reggimento comunale si sostituirono le varie dominazioni esterne, dai signori di Monferrato agli Orléans, l’immagine del Santo rimase un forte riferimento identitario per tutta l’ “Astesana”.
Lo stesso Palio era corso “…in festo beati Secundi” e già intorno a metà Duecento era stata costituita una “Societas Militum” che sanciva il primato sociale del cavaliere. Il Borgo di Santa Maria Nuova vuole rappresentare l’iconografia del Santo Patrono nel periodo medievale: sfilano in corteo le monete che recano l’immagine del Santo, i vessilli rappresentanti la corporazione dei vignaioli e cantinieri, la Società del Popolo e le famiglie del Borgo.
COMUNE DI CANELLI
Dal Contado in Città alla Fiera in “Festum Sancti Secundi”
Dal Medioevo la festa del Santo Patrono di Asti è vissuta in momenti che si integrano fra loro e che rispecchiano le sensibilità e gli interessi del popolo: un momento religioso, articolato in funzioni e processioni con le insegne del
Santo; un momento di festa, caratterizzato da fiaccolate e, più tardi, dai “fuochi da abbruciare”; un momento mercatale, la Fiera, in cui la riduzione o l’abolizione, per un dato periodo, di dazi e gabelle, garantisce attività commerciali favorevoli ai cittadini ed ai forestieri. Non si può precisare l’epoca dell’istituzione delle fiere e dei mercati astigiani, ma dovevano essere di origine remota ed il loro sviluppo è parallelo al potenziamento economico della Città. In merito alle fiere si formulano speciali Statuti che si arricchiscono di nuove disposizioni, per favorire una sempre maggiore attività economica e permettere il flusso di mercanti di molte città d’Italia e straniere.
Interessanti in merito sono le disposizioni contenute negli Statuti della città: le agevolazioni concesse durante il periodo fieristico permettono ai mercanti che vengono da lontano di compensare difficoltà e disagi del viaggio. Alla fine del XV secolo la duchessa Maria d’Orléans, in caso di cattivo tempo, autorizza il deposito delle derrate nelle attrezzatissime case delle famiglie astigiane che dispongono di ampi magazzini e porticati.
Il Podestà ed i suoi dipendenti vigilano sulla Fiera ed invitano gli abitanti delle città vicine, perché vi intervengano: essa è occasione favorevole alla presenza di giocolieri, ciarlatani, viandanti e forestieri. La Fiera è anche l’occasione privilegiata per gli abitanti delle terre dell’“Astesana Grande” di vendere i loro prodotti e di comprare merci reperibili soltanto in città, talora provenienti dalle terre più lontane. Mentre i festeggiamenti di San Secondo e le luminarie interessano soprattutto l’ambito urbano, la Fiera coinvolge anche gli abitanti del territorio extra moenia: da Canelli scendono in città i ricchi mercanti in cerca di acquisti, il popolo minuto che porta i rigogliosi prodotti della terra ed il profumato vino dei pregiati vigneti, i tessitori che, grazie alla costruzione di molini e gualcherie attivati dalla “bealera” voluta dai Duchi di Orléans, recano al mercato stoffe di ottima qualità.
BORGO SAN MARZANOTTO
San Secondo di Asti a Venezia
Secondo un’antica tradizione, nel 1237 alcuni mercanti veneziani riuscirono a trafugare il corpo di San Secondo martire e patrono di Asti, corrompendo i custodi della chiesa a lui dedicata, nella quale era sepolto e venerato. Giunti a Mestre, i ladri furono accolti come eroi dal doge Jacopo Tiepolo, ed il corpo del Santo, avvolto in un prezioso drappo di broccato, fu imbarcato con grande solennità per essere trasportato in Venezia ed esposto al giubilo dei cittadini.
A metà del percorso la nave fu colta da una furiosa tempesta e dovette attraccare all’isoletta di Sant’Erasmo per cercare rifugio. La tempesta riprendeva violenta ogniqualvolta l’imbarcazione tentava di ripartire, ed il doge pensò si trattasse di un segno miracoloso a dimostrazione della volontà del santo di rimanere sull’isola – dove già esistevano una chiesa ed un convento di monache – che da quel momento in poi fu chiamata “Isola di San Secondo”.
Nella sua definitiva dimora il Santo astigiano operò alcuni miracoli che rafforzarono la devozione dei veneziani; in particolare veniva invocato dalle partorienti, e in quanto valoroso cavaliere divenne il patrono dei soldati di mare che salpavano dalla Laguna per le operazioni di guerra nel Mediterraneo. Nel frattempo il vescovo di Asti aveva pubblicamente smentito il furto, dimostrando che i ladri sacrileghi non avevano trafugato il corpo del Santo martire e patrono, ma quello di un antico vescovo omonimo. I veneziani non se ne curarono, e continuarono per secoli a ritenersi unici depositari delle venerabili spoglie mortali di San Secondo di Asti.
Quando nel XVIII secolo l’isola fu destinata a polveriera e a presidio militare, il corpo del Santo fu traslato in città nella chiesa dei Gesuati alle Zattere, dove è ancora oggi custodito in un’artistica urna marmorea nella cappella del Crocefisso dipinta dal Tintoretto.
Recenti studi storici riconducono la vicenda alla “caccia” alle reliquie intrapresa dai veneziani tra XII e XIII secolo per aumentare il prestigio della città: ad essa si deve l’arrivo di quelle di San Marco evangelista, di San
Zaccaria, di San Giovanni Battista e di San Nicola.
La precisa volontà di appropriarsi del corpo di San Secondo, anche a costo di ricorrere a metodi illeciti, dimostrerebbe inoltre l’esigenza di arricchire il pantheon santorale veneziano con la figura di un aristocratico cavaliere in cui potesse identificarsi il ceto nobiliare cittadino in via di definitiva affermazione.
COMUNE DI BALDICHIERI
Inaugurazione della Chiesa Medievale di San Secondo in Baldichieri
Nel 1345 venne compilato, per volontà del Vescovo di Asti Arnaldo de Rosette, il Registrum Ecclesiarum Diocesis Astensis, tuttora conservato presso l’Archivio Storico della Cattedrale; tale registro conteneva l’elenco di tutte le chiese allora presenti nel territorio della Diocesi.
Tra quelle dipendenti dalla Pieve di Musanza, l’odierna Villafranca, è citata la chiesa di Baldichieri, definita “antica parrocchiale” nelle visite pastorali dal XVI secolo in poi e situata quasi alla sommità della zona collinare, il Planum Sancti Michaelis a nord dell’attuale abitato.
La titolazione della Chiesa a San Secondo è riportata in un documento notarile del 31 ottobre 1308, che chiude una vertenza sorta tra l’Abate del Monastero di Azzano e Federico Alfieri; tra i testimoni alla stesura dell’atto si registra il prete Uberto, “rector ecclesie Sancti Secundi de Baudecherio”.
Il Rettore, dipendente dalla Pieve di Musanza, celebrava a Baldichieri tutte le funzioni religiose, tranne i battesimi, riservati alla sede della Pieve.
Ad un periodo di poco anteriore al 1308 possiamo far risalire la solenne inaugurazione della Chiesa, che per certo avvenne alla presenza delle autorità religiose e del locale vassallo, con l’intitolazione a San Secondo, già Vescovo e Patrono di Asti, che divenne quindi Patrono anche della comunità di Baldichieri.
Per la festa di inaugurazione si scelse il 30 marzo, anniversario del Martirio del Santo: il corteo della popolazione in festa che si dirigeva verso la Chiesa Parrocchiale, intonando canti e orazioni, era accompagnato da nobili provenienti dai territori limitrofi i quali recavano doni in offerta alla Parrocchia. Ad attendere il corteo sul sagrato della chiesa tutti i Sacerdoti della Pieve e un illustre rappresentante della Curia astigiana che il Vescovo di Asti, impegnato nella stessa giornata a celebrare solennemente la Festa del Santo nella Collegiata cittadina, aveva inviato a presiedere la cerimonia inaugurale ed a impartire la benedizione sia al sacro edificio baldichierese sia a tutti i componenti della comunità.
Il Comune di Baldichieri intende rievocare la solenne inaugurazione della Chiesa e la sua intitolazione a San Secondo, Patrono della comunità baldichierese, attraverso la rappresentazione del corteo in festa.
RIONE SAN PAOLO
I “Sacri Misteri”: teatro e religiosità popolare rappresentati tra le vie e le piazze
Un genere teatrale molto diffuso a partire dal secolo XII era la rappresentazione dei “Sacri Misteri”, drammi ispirati a tematiche religiose, che rendevano facilmente comprensibile anche ai ceti meno istruiti episodi tratti dall’Antico e Nuovo Testamento oppure dalle vite dei Santi. Nato all’interno delle Chiese, questo particolare genere teatrale si spostò ben presto sui sagrati e quindi nelle vie e nelle piazze.
Queste rappresentazioni non venivano interpretate da attori professionisti, ma dai membri di corporazioni, formatesi in tutte le grandi città, che spesso si tramandavano il ruolo di padre in figlio. Gli attori indossavano vestiti riccamente ornati a proprie spese, scelti più per la loro bellezza che per la loro attinenza al vero. Le azioni venivano spesso rappresentate in maniera itinerante per le vie della città.
Le tematiche dei Sacri Misteri non seguono le classiche unità di tempo, luogo ed azione: il fine del dramma è far partecipare il pubblico all'idea generale della salvezza eterna.
Il Rione San Paolo intende proporre alcune di queste scene, che si susseguono via via come quadri animati: l’Annunciazione della Vergine, la fuga in Egitto e la Passione di Cristo.
Ad assistere alle rappresentazioni un pubblico eterogeneo, composto da dame, cavalieri, mercanti e popolani.
BORGO TANARO TRINCERE TORRAZZO
San Secondo, la Bretagna ed il “Palladio” cittadino
Il tesoro della Collegiata di San Secondo conserva un antico, bellissimo busto reliquiario in argento con l’effige del Patrono, che viene esposto ogni anno in occasione dei festeggiamenti a lui dedicati. Oltre ad essere uno splendido
esempio di arte orafa, il busto è anche un’importante testimonianza materiale della nostra storia.
Fu infatti donato alla Città di Asti nel 1485 da Francesco II, ultimo duca di Bretagna. Personaggio cruciale nelle vicende francesi della seconda metà del XV secolo, il duca era stato uno dei maggiori oppositori del progetto assolutista di re Luigi XI.
Dopo la morte del sovrano, appoggiò Luigi duca d’Orléans e signore dello stato astese nella rivolta militare contro la reggente Anna di Beaujeu, offrendogli aiuto, protezione e spesso rifugio durante le altalenanti fasi del conflitto. Sono ignote le ragioni che mossero il duca brétone al munifico dono; ma proprio nel 1485 Luigi d’Orléans elesse governatore di Asti Francesco conte di Dunois e sire di Longueville, uno dei principali condottieri dell’esercito ribelle.
Si può quindi immaginare che il busto d’argento costituisse una sorta di prezioso viatico affidato al nuovo governatore per assicurare al ducato di Bretagna la protezione di un santo aristocratico e guerriero come San Secondo. In ogni caso l’arrivo del busto colpì ed emozionò profondamente gli Astesi, che ne fecero fin da subito una sorta di palladio civico, cioè di simulacro-talismano dai forti valori simbolici e rituali.
Per onorarlo degnamente fu istituita la solenne processione da svolgersi la Domenica precedente il giorno della festa patronale e del Palio, alla quale, accanto alle autorità religiose, partecipavano tutte le istituzioni laiche della Città, dal Consiglio Comunale alle rappresentanze dei borghi, delle contrade, delle arti e dei mestieri.
Il busto, issato su una portantina, con un lunghissimo itinerario percorreva le principali vie cittadine per garantire all’intera comunità la benedizione del Santo in cui essa si identificava.
COMUNE DI SAN DAMIANO
La simbologia del teschio tra misteri e credenze medievali
Ogni epoca abbonda di simboli legati all’idea della morte come inevitabile destino, ma nel basso medioevo fra tutti ne spicca uno: il teschio, emblema della vanitas, che ricorreva nelle raffigurazioni di quel periodo storico, simulacro che ammonisce sulla vanità di ogni cosa terrena e costringe a riflettere sui fini ultimi dell’esistenza. Scavi archeologici restituiscono talvolta corpi privi del capo: crani venivano prelevati dalle tombe per diventare oggetto di culto da parte di discendenti del defunto, i quali ritenevano che in questo modo l’antenato li avrebbe protetti Particolare devozione legava i templari a San Giovanni Battista, decapitato per volontà di Erode Antipa e rappresentato nell’iconografia con la testa mozzata.
E l’etimo latino del termine testa nel significato originale di vaso trova riscontro nelle litanie alla Vergine vas insigne devotionis. Anche frammenti di ossa asportati dal cranio venivano sepolti a parte o usati come ornamenti personali o amuleti: se riconducibili a santi, profeti o sovrani si riteneva che avessero poteri magici.
Ad Asti nella Collegiata di San Secondo riposano le reliquie del Patrono della città, secondo la tradizione martirizzato 1900 anni or sono.
Il suo corpo con il teschio era conservato nell'antica cripta, ma le incursioni barbariche dei secoli IX e X ne consigliarono il trasferimento nel Duomo, più sicuro perché collocato all'interno della cinta muraria.
Di tale traslazione non esistono documenti certi, ma in epoca medievale la fabbrica appare intitolata a "Santa Maria e a San Secondo", il che suggerirebbe la presenza delle reliquie in tale edificio. Secondo il cronista e storico Stefano Giuseppe Incisa (1742-1819), la traslazione definitiva sarebbe avvenuta sotto l'episcopato di Bruningo il quale, prima di riportare nuovamente le reliquie del Santo nella collegiata, avrebbe fatto ristrutturare ed ampliare la chiesa, testimonianza dell'antica devozione al Santo da parte del popolo astese.
RIONE SAN SILVESTRO
I “Mastri Pictori Artifices” della divulgazione dell’immagne del Palio e delle feste astesi
Nelle Feste in onore di San Secondo d’Asti, la corsa dei cavalli è momento unico ed intenso che esalta lo spirito civico ed il legame con il Santo, simboleggiato dal bravium, il palio dato in premio al vincitore.
Nella documentazione relativa alla dominazione orléanese, viene tramandato per la prima volta il nome di un pittore astigiano collegato alla realizzazione del bravium, Giovanni Imperiato.
Pittore di buona maturità ben remunerato, per aver dipinto le insegne araldiche del Duca d’Orléans, del Podestà e del Comune sui Palii del 1388 e del 1389 ottiene dal Tesoriere Ducale Giovanni Tinelli il pagamento di ventiquattro soldi astesi.
In seguito, un documento del 20 aprile 1401 attesta come Giovanni De Fontaines, Governatore di Asti, a nome di Luigi I d’Orléans, ordini a Giovanni Roero, Tesoriere Ducale, di pagare le spese per la fornitura dei due Palii di quell’anno: il pittore è Mastro Roleto.
Anche in questo caso si riporta nota del pagamento di “sei scudi araldici inseriti in detti Palii dipinti con le insegne del Signore nostro, del Podestà e del Comune di Asti” e viene così confermato uno schema che rimarrà costante negli anni successivi. Lo stesso pittore opera nel 1406, quando si ha la prima precisa testimonianza della spesa, sostenuta per la Corsa, relativa a due pezze di panno “….pro duabus bravibus quorum unum oblatum exitit ecclesia Sancti Secundi de mercato Astensi, et alium datum ad currendum equo velocior et melius currenti, in Festa Sancti Secundi, protectoris et patroni civitatis Astensis” (…per due Palii, dei quali uno sarà offerto alla chiesa di San Secondo del mercato Astese, e l’altro dato al cavallo più veloce nella corsa e miglior corridore nella Festa di Santo Secondo, protettore e patrono della città astese).
Si evidenzia un preciso legame istituzionale fra Palio e Santo Martire. E’ importante rilevare inoltre che l’inserimento dello stemma del Governatore accanto allo stemma del Podestà segnala la crescente importanza della città nella diplomazia francese ed europea. L’opera del pittore si ravviva grazie all’esperienza del tardo gotico internazionale di origine milanese, che giunge con la bottega di Giovannino de Grassi, attivo presso la corte viscontea ed architetto del Duomo di Milano.
Per tradizione e secondo le consuetudini diffuse in molte città, le botteghe dei Mastri Pinctori di drappi, pezze e insegne vengono localizzatein zone strategiche: in San Silvestro alle falde di Castelvecchio, presso la via degli Spadari e dell’antica Zecca, accanto alla Chiesa di San Michele e San Maurizio. Il Rione oro-argento ricostruisce l’attività pittorica agli inizi del Quattrocento, quando gli Artifices (Artisti) creano opere su commissione, con “tempera magra” o “tempera grassa”, con pigmenti e leganti, con amidi ed emulsioni e propongono oggetti di elevato livello, apprezzati in tutta Europa. Una splendida vetrina per tali capolavori sono le feste patronali e quelle del Palio, quando i ricchi artigiani astesi espongono le loro opere in occasione dei cortei legati ai vari eventi.
COMUNE DI MONTECHIARO
“Propter beneficia suspecta”. Per grazia ricevuta
A seguito dell’attracco a Messina nel 1347 di 12 galee genovesi provenienti dal porto di Caffa sul Mar Nero, tutta l’Europa fu contagiata dalla terribile “peste nera”, che causò ingentissime perdite fra la popolazione, già provata da difficoltà climatiche e carestie. A causa dei numerosi decessi di persone abili al lavoro, la crisi economica già in atto si aggravò ulteriormente.
La scienza e la medicina poco o nulla potevano contro questo flagello, tanto più che molti medici ed anche i religiosi , temendo di essere infettati, fuggivano abbandonando i malati.
Il solo modo di contenere l’epidemia era limitare i contatti e chiudersi entro le mura. Ed è probabile che questo abbiano fatto i Montechiaresi per scampare al contagio, così come si può immaginare che, una volta scongiurato il rischio di contagio, una nobildonna del luogo, per ringraziare per lo scampato pericolo abbia organizzato una processione “propter beneficia suspecta” (“per grazia ricevuta”) in onore di San Secondo di Asti a cui la popolazione era devota e che era titolare della chiesa campestre di San Secondo a Soglio nel territorio di Montechiaro, meta cui si dirige la processione che il corteo ripropone, partendo dalla Pieve di Santa Maria di Piesenzana.
La devozione a San Secondo era espressione del legame tra la villanova di Montechiaro e il Comune di Asti, cui si doveva la fondazione del villaggio (avvenuta il 19 marzo 1200), esito dell’unificazione delle tre comunità preesistenti di Mairano Maresco e Piesenzana.
Nel corteo compaiono dapprima i fedeli ancora afflitti dalla pestilenza, i quali in seguito esprimono la gioia per lo scampato pericolo con fiori, danze, esibizioni di tavole raffiguranti ex voto e orazioni in onore di San Secondo.
COMUNE DI NIZZA MONFERRATO
Il ciclo dei mesi
Il corteo giallo e rosso di Nizza rappresenta il ciclo dei mesi secondo la mentalità del Medioevo, un’epoca in cui il tempo era scandito dai ritmi ciclici della spiritualità e della natura e, accanto al cristianesimo, sopravviveva la memoria dei culti pagani.
Il susseguirsi di riti sempre uguali a se stessi dava all’uomo medievale, alle prese con
un’esistenza difficile e precaria, la rassicurante sensazione di un ciclo immutabile e perenne, simbolicamente rappresentato dalla ruota. Festività sacre come quella di San Secondo e ricorrenze profane, riti sacri e momenti di baldoria: la vita nei comuni come Asti scorreva con questi riferimenti temporali, come attestano le fonti storiche.
In particolare il tema dei mesi è presente nell’iconografia sin dall’XI secolo e aveva il compito di nobilitare il lavoro, in linea con la nuova elaborazione teologica che interpretava la fatica non più come una maledizione divina seguita al peccato originale, ma come mezzo per la salvezza attraverso la laboriosità e le opere. Ed ecco che nel corteo si susseguono januarius, con lo scambio dei doni in ricordo dell’Epifania; februarius, con i rami delle piante potate e la festa della Candelora; martius, con la semina nei campi, il Carnevale e la Quaresima; aprilis, con la Pasqua e il trionfo dell’amor cortese; maius, in cui si celebrano la primavera e il Corpus Domini; iunius, il mese della raccolta del fieno e della Pentecoste; iulius, con la tosatura delle pecore e la mietitura del grano; augustus, con la trebbiatura e la caccia. E poi september, con la vendemmia, che nel territorio astigiano era particolarmente sentita; october, il mese della semina; november, con la raccolta delle ghiande e la festa di Ognissanti; december, con la caccia al cinghiale e la festa della Natività.
BORGO DON BOSCO
La presentazione dei Palii per la festa di San Secondo alla fine del Trecento
Per oltre sette secoli la corsa del Palio costituì l’elemento fondamentale e più caratterizzante della festa celebrata dagli astigiani in onore di San Secondo martire, concittadino e patrono.
Il Comune prima e in seguito le Signorie che si avvicendarono al governo della Città e del suo antico Stato erano tenuti a sostenere il costo per la fornitura di tutti i materiali necessari all’evento, facendone peraltro un efficace strumento di autocelebrazione. Alla fine del Trecento la principale voce di spesa era costituita dal preziosissimo drappo assegnato come premio al vincitore della corsa: lungo ventiquattro palmi (circa sei metri), era in broccato dorato ricamato in oro, proveniente da Lucca o da Colonia.
A partire dal 1368, in ottemperanza alle disposizioni emanate da Giovanni II Paleologo marchese di Monferrato, all’epoca signore della città, un altro drappo dello stesso tessuto ma di lunghezza inferiore (diciotto palmi, cioè quattro metri e mezzo) veniva offerto in dono alla Collegiata di San Secondo. Entrambi i drappi erano poi decorati con scudi di stoffa dipinta, recanti gli stemmi della Signoria, del Podestà e del Comune.
Il sabato precedente la Festa del Santo e la Corsa, che all’epoca si svolgeva il primo giovedì dopo l’ottava di Pasqua, i due palii venivano trasferiti in solenne corteggio dal palazzo del Governatore alla piazza del Santo, dove erano presentati al popolo assieme alle altre “forniture e dipendenze” necessarie alla celebrazione dell’evento. Esse comprendevano: due lance lunghe dipinte, dotate ognuna di “uno baculo cum botonis”, cioè di una bacchetta con pomelli alle estremità, sulla quale venivano fissati e trasportati i palii durante le celebrazioni; quattro rasi e mezzo (circa tre metri) di cordone rosso e argento munito di nappe (porracis) per la decorazione dei palii inastati; quattro paia di guanti bianchi per i due trombettieri ed i due vessilliferi incaricati di scortare e trasportare i palii; un gallo vivo, che fino al XVI secolo inoltrato costituiva l’unico altro premio per la Corsa, assegnato al secondo classificato come simbolo beneaugurante di riscossa e di speranza; un rotolo di corda, oggi chiamata “cànapo”, per ordinare i cavalli alla partenza. Tre estimatori comunali, allora come oggi, si accertavano della bontà e qualità dei materiali, dopo di che i drappi, parzialmente arrotolati e montati sulle rispettive lance, venivano esposti alle finestre del palazzo del Comune dando ufficialmente l’avvio ai cinque giorni di festeggiamenti culminanti con la Corsa del Palio.
RIONE SAN SECONDO
San Secondo: la festa, i fuochi e la colomba
L’uso rituale di squarciare l’oscurità con fuochi ed illuminazioni in occasione di particolari ricorrenze è antichissimo e, nei lunghi secoli che videro le tenebre padrone assolute della notte nelle città medioevali, esso assumeva un chiaro significato simbolico e apotropaico. Anche in Asti la festa di San Secondo e del Palio, caratterizzata da una forte dimensione collettiva, aveva nei Fuochi di gioia uno dei suoi momenti culminanti: festa della Vita, invadeva e sconfiggeva la notte, buia e silenziosa.
La tradizione astigiana dei Fuochi è certamente antichissima: a fine Settecento il cronista Giuseppe Stefano Incisa ricorda come nei tempi antichi la cerimonia dei Fuochi alla vigilia del Palio e della Festa prevedesse l’abbruciamento sulla piazza del Santo di grandi pire di paglia e fascine chiamate “Farò”.
A partire dal Trecento si diffuse in Italia l’uso della polvere da sparo, presto utilizzata, oltre che per la guerra, anche per creare effetti speciali luminosi e sonori negli spettacoli e nei riti festivi. Ad Asti nel 1390 un Giovanni Silvestro “magister bombardarum” è a servizio del governo ducale ed è probabile che già in questo periodo il rogo del “Farò” prevedesse lo scoppio di rudimentali fuochi d’artificio.
Fu proprio grazie alla polvere pirica che, come in altri casi ben documentati, l’accensione del falò assunse un significato rituale e spettacolare. Non sappiamo a partire da quale epoca all’accensione si provvedesse mediante la “Colomba”, un razzo a forma d’uccello che dalle finestre del palazzo comunale, saettando lungo una cordicella andava ad incendiare la catasta in mezzo alla piazza, appiccandole il fuoco: se prestiamo fede all’ Incisa, che la descrive in dettaglio, questa tradizione si ripeteva “…da cinquecento anni, se non più”.
E’ ancora l’Incisa a riferire come antica tradizione, praticata per cortesia verso la folla degli spettatori, l’abitudine dei frontisti della piazza e delle principali vie cittadine di porre candele accese e lucerne alle finestre, dando vita a suggestive luminarie secondo modalità assai diffuse in tutta Italia.
RIONE CATTEDRALE
La Cattedrale e i suoi santi. Il coro ligneo di Baldino da Surso
Verso la seconda metà del XV secolo i canonici del Capitolo della Cattedrale, grazie anche all’appoggio delle ricche famiglie del Rione, decisero di avviare una serie di importanti lavori di decorazione all’interno della fabbrica del Duomo. Tra questi, di grande rilievo fu senza dubbio la costruzione di un nuovo e imponente coro ligneo da collocarsi nel presbiterio per ospitare i religiosi durante le celebrazioni liturgiche. I canonici, intenzionati a lasciare ai posteri un’opera che desse lustro alla Cattedrale e rispecchiasse il loro potere, commissionarono la sua realizzazione al pavese Baldino da Surso, importante artista ebanista attivo in quegli anni in area piemontese. Il progetto si presentava decisamente imponente e prevedeva la costruzione di un coro diviso in due ordini, tale da ospitare poco più di sessanta religiosi: l’ordine superiore, il più spettacolare, si componeva di trentasei sedute i cui dossali, intagliati a bassorilievo, raffiguravano altrettanti santi, uno per ogni prebenda posseduta dal Capitolo. Visto l’impegno che tale commissione avrebbe richiesto, Baldino, probabilmente in età avanzata, fu affiancato nel lavoro da un artista di formazione nordica il cui nome è rimasto fino a oggi sconosciuto.
Alla mano di questo abile ebanista, caratterizzata da panneggi secchi e spigolosi tipici di una cultura “tedescheggiante”, si devono diciotto dei dossali oggi sopravvissuti: tra questi spicca senza dubbio quello raffigurante San Secondo d’Asti, rappresentato mentre regge con una mano il modello della città.
Purtroppo perduto, ma attestato da documenti del XVI secolo, il dossale raffigurante la titolare della Cattedrale, l’Assunta. Nel coro ligneo si alternano pertanto due mani differenti che, seppur appartenenti a culture diverse - quella tardo gotica lombarda di Baldino e quella d’Oltralpe dell’anonimo -, si fondono in un’opera unica di grande pregio artistico. Nel 1477, un anno prima di morire, Baldino termina il lavoro, lasciando sul coro la sua firma ancora oggi visibile. L’arredo, rimosso dalla Cattedrale nella seconda metà del XVIII secolo a seguito dell’ampliamento del presbiterio, è oggi ammirabile presso il museo diocesano San Giovanni.
Il rione Cattedrale intende rievocare la nascita e la realizzazione di questo importante capolavoro dell’arte astigiana, riportando in vita coloro che si impegnarono nella sua realizzazione: i canonici, i nobili del Rione ma soprattutto i due grandi artisti del legno, Baldino e l’anonimo nordico, accompagnati dai santi da loro scolpiti.
COMUNE DI MONCALVO
“Sicut fieri solet Ast, in festo beati Secundi”: il trionfo del forestiero.
Le corse dei cavalli e le gare equestri sono un'usanza del mondo comunale e possono includersi fra gli onori e gli atti devozionali resi da una comunità al santo patrono.
La corsa del Palio, nell’Asti medievale – così come in età moderna –, era posta sotto l’egida del glorioso San Secondo, la cui festa era vissuta con gran fervore dalla collettività. In città giungevano a dar spettacolo i più valorosi cavalieri, per sfidarsi in destrezza e coraggio. Questo almeno fino al 1479, quando, a causa della vittoria di un forestiero e della conseguente irritazione degli Astigiani, venne impedito agli stranieri di prendervi parte, limitazione che sarebbe rimasta in vigore nei successivi due secoli.
Il Comune di Moncalvo, per celebrare il successo dello scorso anno, vuole rappresentare l’ipotetico momento in cui un intero popolo affida le proprie sorti al suo corsiero e al suo paggio, ne celebra le qualità fisiche e morali e invoca l’intercessione dei santi protettori. Sfila il trionfo in cui Moncalvo è allegoricamente rappresentato da un cavaliere, bello e fiero, incoronato d’alloro e dal lungo manto, simbolo di vittoria e d’abbondanza, e circondato da quattro dame a raffigurare altrettante virtù: audacia, astuzia, forza e perseveranza. È quindi proposta l’immagine del pentagono, simbolo di aspirazione alla perfezione, i cui cinque vertici ricordano le vittorie del 1988, 1989, 1994, 1995 e 2018.
Segue il carro con l’allegoria di Calliope, musa del canto epico e delle gesta eroiche, sotto il cui nome ha corso
il destriero vincitore del Palio 2018. Calliope, seduta davanti al sendallo conquistato, è circondata dai possenti torrioni di Moncalvo, emblema della cittadina aleramica, ai cui piedi riposa serenamente il cavaliere, il “guerriero”, stanco ma felice per la sua impresa. Chiude un corteo di nobili, donne e uomini che portano il bacile con l’offerta del fantino e i bindelli, nastri colorati esibiti per proclamare la propria appartenenza al comune vincitore e che, in occasione della vittoria, sono donati alle maggiori personalità cittadine. Non mancano anche trionfi di pane, vino e cibi da condividere all’interno della comunità vincitrice.
Foto Beppe Sacchetto
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