IL SANTUARIO DEI PILONI DI MONTA' D'ALBA
Montà d'Alba, 17 Ottobre 2022
Fu il francescano Bernardino Caimi nel 1494 ad “inventare” i Sacri Monti con l’intento di riprodurre in Piemonte i luoghi santi con le stazioni della Croce. Sull’onda di questo clima di fervore religioso sorsero a Montà i Piloni lungo un percorso pianeggiante e scosceso che conduceva al tempietto del Santo Sepolcro.
Il Santuario dei Piloni è dedicato ai santi Giacomo e Filippo e sorge nei boschi del Roero, poco al di fuori dell'abitato di Montà d'Alba. Prende questa denominazione dalla presenza nei pressi del santuario di tredici cappelle ("piloni") ornate da statue in gesso che rappresentano la "Via Crucis". il cammino si inerpica sino ad arrivare alla cappella del Santo Sepolcro nel punto più elevato della collina, secondo un disegno artistico e paesaggistico riconducibile alla tipologia dei Sacri Monti.
Il Santuario dei Piloni
Eretto nella seconda metà del Settecento, è un percorso devozionale che collega i preesistenti edifici della chiesa dei SS. Giacomo e Filippo e la cappella del S. Sepolcro. In realtà si trattò della brillante soluzione ideata dal parroco del tempo, don Domenico Carretto, per contenere e ricondurre sotto il controllo ecclesiastico un fenomeno devozionale spontaneo sviluppatosi a seguito del ritrovamento da parte di un pastorello di un quadro della Madonna Addolorata al Santo Sepolcro. La tela, trasferita dapprima nella chiesa dei SS. Giacomo e Filippo, e poi nella Parrocchiale di Montà, misteriosamente ritornava al luogo del ritrovamento. L'affluenza di pellegrini e la pronta comparsa di grazie e prodigi, indussero don Carretto a richiedere e a ottenere, nel 1775, dal vescovo di Asti mons. Caisotti, l'istituzione di una Via Crucis. Dal quadro miracoloso, la pietà popolare veniva così indirizzata sulle più tranquille coordinate di una "regolata devozione".
Da fine Settecento a tutto l'Ottocento, il Sacro Monte conosce sempre maggiore afflusso di devoti da tutti i paesi del Roero. La costruzione delle nuove cappelle con i gruppi statuari e l'azione di don Domenico Taliano, rettore a inizio Novecento, estendono la notorietà dei Piloni all'astigiano ed al torinese. Nel corso del Novecento, la devozione della Via Crucis si lega soprattutto alla richiesta di grazia per il ritorno alle famiglie dei soldati. Un ruolo assunto inizialmente con la guerra di Libia, che prosegue coi due conflitti mondiali e viene sottolineato ancora nel 1956, con l'erezione della croce luminosa e dei cippi dedicati ai morti e dispersi nella campagna di Russia.
Incerte sono le origini del santuario; è verosimile che un primo luogo di culto cristiano si sia sovrapposto ad un precedente luogo sacro pagano, e che un primo oratorio dedicato agli apostoli Giacomo e Filippo sia stato eretto poco dopo l'anno Mille per essere ampliato nel XIII secolo secondo i canoni dell'architettura romanica: la facciata in mattoni della chiesa reca tracce di tale costruzione medievale, come avvalorato anche dalla presenza in alto di due teste marmoree, probabili resti di epoca romana.
Fonti leggendarie parlano di un monaco che di ritorno dalla Terra Santa avrebbe scelto quei boschi come sede per la sua vita eremitica edificandovi la cappella del Santo Sepolcro, divenuta poi meta di percorsi devozionali anche per la presenza della statua lignea del Cristo Morto che la tradizione vuole sia stata portata con sé da un cavaliere di ritorno dalle Crociate. L'attuale struttura della cappella è a pianta ottagonale cinta tutt'intorno da un porticato.
La cappella del Santo Sepolcro
Nel 1775 la cappella del Santo Sepolcro venne completamente restaurata e furono edificati piloni della Via Crucis.
Il sito ospitava in età romana una costruzione per il controllo del territorio. Con la stessa funzione era ancora utilizzata sino al XIII secolo dai consignori della vicina Desaia. La cappella del S. Sepolcro è citata per la prima volta nel 1610. La sua trasformazione nell'attuale edificio a doppia pianta ottagonale, sul modello dell'omonima chiesa di Gerusalemme, si deve probabilmente a Silla lsnardi, figlio di Gerolamo, feudatario locale, che nel 1629 entra nell'ordine gerosolimitano (più conosciuto come dei Templari o Cavalieri di Malta). Una lapide ancora presente nella Chiesa di S. Giacomo ai primi del '900 attribuiva ai Cavalieri di Malta restauri al Santuario.
La tradizione fa risalire ad epoca più antica l'erezione della cappella e indica per la stessa una pluralità di circostanze. Una la vorrebbe eretta da un pio monaco reduce da lunghi pellegrinaggi in Terra Santa e datosi a vita eremitica nella chiesa di S. Giacomo; un'altra all'epoca delle Crociate, sull'altura ancora fortificata da mura romane e sui ruderi di un tempietto pagano dedicato a Diana. Su questo impianto se ne sviluppa una terza, che ritiene il Cristo a grandezza naturale deposto nell'urna, scolpito in legno d'ulivo di Palestina, e dono votivo di un cavaliere reduce delle Crociate. Altra ancora riconduce la ricostruzione della chiesa agli avvenimenti del 1774 e alla rinnovata devozione a seguito del ritrovamento del quadro della Madonna.
L'interno e occupato dal gruppo statuario Compianto sul Cristo Morto (1810) ad opera del plasmatore Carlo Piazza e rappresenta Giuseppe D'AArimatea, S. Giovanni apostolo, la Madonna dolente, Maria Maddalena e Maria Madre di Giacomo. Il Cristo (prima metà del '600) venne chiuso nel 1850 in una teca in legno e vetro dell'indoratore montanese Stefano Aloi.
Nel 1887 l'allora parroco di Montà, don Mosca, decise di sostituire i vecchi e malandati piloni con nuove cappelle a pianta esagonale disegnate dal pittore Placido Mossello. La realizzazione terminata nel 1903 delle statue policrome in gesso che compongono le diverse stazioni della Via Crucis è opera di differenti plasticatori: i fratelli torinesi Musso, il montanese Antonio Taliano ed il più celebre Stefano Brilla di Savona.
E' del 1993 la "Grotta dell'agonia", collocata proprio di fronte al santuario con statue che interpretano la scena di Cristo nell'orto degli ulivi.
La Croce luminosa
E' l'ultimo manufatto eretto al Sacro monte. La tradizione che voleva il S.Sepolcro, il quadro miracoloso dell'Addolorata e in genere il Santuario, di buon auspicio per i propri cari impegnati in eventi bellici risale all'attività del rettore Don Domenico Taliano durante il periodo della guerra di Libia (1911-1912). Prende slancio con la prima guerra mondiale e continua nella seconda. Insieme alla pia pratica della visita al Santuario e della Via Crucis, si diffonde il rito di deporre al S. Sepolcro una fotografia dei propri cari sotto le armi. La sacrestia della chiesa di S.Giacomo raccoglie ancora oggi, in una grande bacheca, i tanti ritratti suddivisi per Comune di provenienza.
Il progetto è dello scultore torinese di origini montatesi Emilio Musso (1890-1973) e prevede una grande croce che si illumina la notte sul territorio circostante, attorniata da cippi con apposti, per località di provenienza, i nomi dei caduti e dispersi nella campagna di Russia. Aderiscono all'iniziativa i Comuni di Canale, S. Stefano Roero, Cisterna d'Asti, Castellinaldo, Castagnito, Guarene, Alba, Monteu Roero, Vezza, Magliano Alfieri, Montaldo Roero, Bossolasco e S. Damiano d'Asti.
Iniziata nel 1955, l'opera viene inaugurata il 10 maggio 1956 con un'imponente cerimonia cui partecipano oltre diecimila persone. Da quell'anno ogni fine agosto si celebra la "Giornata della Croce luminosa".
Il dramma dei tanti caduti e dispersi nella campagna di Russia, induce nel 1954 il Comune di Montà ed il parroco, Don Bartolomeo Sibona, a lanciare l'iniziativa di un manufatto a perenne ricordo sul colle di S. Giacomo, dirimpetto allo svi-luppo del Sacro Monte, in una sorta di ideale richiamo tra la sofferenza divina, rappresentata dalla Via Crucis, e la sofferenza umana determinata dalle guerre.
Foto Beppe Sacchetto
|