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Foto: Beppe Sacchetto © 2024



SANTUARIO DELLA MADONNA DEL TAVOLETTO

Sec. XVII; XVIII; XX - Strada vicinale del Tavoletto - Sommariva Perno, CN

 

Sommariva Perno, 22 Maggio 2024

Grazie alla possibilità di poter visitare e fotografare alcune Chiese altrimenti chiuse al pubblico, ho potuto ammirare e documentare il Santuario della Madonna del Tavoletto a Sommariva Perno (CN).

Il santuario è situato nella località denominata "Tavoletto" nel mezzo del paesaggio roerino, in cima a una collina in posizione panoramica e suggestiva, dove anticamente, tra XI e XIII secolo, vi era la “villa”, un feudo costituito dal castello e un piccolo borgo.

Questo venne in seguito abbandonato, verso la fine del XIV secolo, e rimase soltanto l’antica chiesa parrocchiale intitolata alla Madonna. Essa venne ricostruita nelle forme dell’attuale santuario verso la metà del Seicento e al secolo successivo risale l’ampliamento dell’area presbiteriale.

La facciata, risistemata nel 1926 si presenta come un modesto porticato a doppia arcata. Il campanile venne costruito nel 1662, probabilmente su una base di muratura preesistente, e nel 1737 venne innalzata la cella campanaria.

L’edificio è a pianta rettangolare, a navata unica e l’interno venne completamente ridipinto dal pittore albese Fedele Finati nel 1904. Tuttavia affiorano alcune tracce di figure ed ornati ad affresco preesistenti e probabilmente databili al XVII o XVIII secolo.

Il compito di abbellire e ingentilire le strutture architettoniche viene dato allo stucco. La decorazione plastica visibile sulle volte della navata centrale è databile intorno al 1770, così come quella dell’altare laterale a destra e dell’edicola presbiteriale che un tempo accoglieva la statua della Madonna del Rosario.

Nello stesso periodo fu anche costruito il nuovo altare maggiore, interamente in muratura, innalzato al centro del presbiterio, rivestito con stucchi lucidi a imitazione dei marmi più pregiati e dai colori contrastanti.
La cornice, al centro dell’alzata, ornata con teste di putti e nuvole, un tempo ospitava la pala d’altare con la quattrocentesca Pietà attribuita a Giovanni Martino Spanzotti.
La tavola venne trasferita nella chiesa parrocchiale nel 1962 insieme ad altre opere come il tondo con la Natività (fine XV – inizio XVI sec.) attribuita alla cerchia del pittore toscano Sebastiano Mainardi, in origine appeso nel presbiterio, e il quadro rappresentante San Vincenzo Ferreri (1770 ca.), opera di Pietro Paolo Operti, un tempo collocata sopra l’unico altare laterale.

Dopo un periodo di abbandono, il bene è stato ripristinato ed è oggi un centro culturale e di formazione ambientale.

Il culto per questo santuario campestre deriva da un prodigioso evento ricordato da una lapide infissa all’interno, sulla porta che dà accesso alla tribuna: proprio in quel punto, una miracolosa sorgente d’olio sarebbe scaturita da un sasso per opera della Madonna, ma si sarebbe esaurita nel giorno stesso in cui avidamente si volle commercializzare.

La particolare devozione popolare alla Madonna era anche testimoniata dalla presenza di tavolette ed oggetti votivi. La comunità di Tavoleto era solita celebrare la messa solenne in occasione della festa dell’Addolorata nel mese di settembre e, oggetto di storia più recente, durante i due conflitti mondiali erano molte le madri che si recavano al santuario per pregare per i propri figli al fronte innanzi alla tavola della Pietà.

Questo tema iconografico, capace di suscitare compassione, nacque in ambito germanico nel Trecento e si diffuse ampiamente in Italia fino a raggiungere la zona dell’albese.
La Pietà che fino al 1962 ornava l’altare maggiore del Santuario della Madonna di Tavoletto è attribuita al pittore casalese Giovanni Martino Spanzotti (1450/55-1526/28) e considerata un capolavoro della produzione figurativa tardo quattrocentesca. L’opera, realizzata a tempera su tavola, mostra la Madonna a mezza figura che ammantata e velata di azzurro tiene in grembo il corpo di Gesù, in posizione verticale, su un fondo rosso con motivi dorati in rilievo a losanghe e fiori.
Nella lunetta in alto, fra una rossa corona di cherubini, è raffigurato a mezzo busto e in veste rosa e manto verde il Padre Benedicente o, secondo un'altra ipotesi, la doppia rappresentazione di Gesù che risorto benedice con la mano destra e con la sinistra regge il globo.
Precoce testimonianza del Rinascimento nell’albese, il dipinto si distingue per la drammatizzazione naturale delle figure, la compostezza, l’equilibrio e il cromatismo accentuato e dalle tinte calde. È ipotizzabile che la sede originaria dell’opera, eseguita intorno al 1490, fosse la cappella gentilizia del castello di Sommariva Perno e che venne commissionata dai fratelli Secondo Onorato e Giovanni Percivalle Roero.
In seguito, con la ricostruzione del santuario nel 1650 l’altare maggiore venne predisposto ad accogliere la Pietà, grazie ad una probabile donazione del marchese Francesco Guglielmo Carron, a quel tempo signore del castello di Sommariva Perno.

La Chiesa di Tavoletto sopravvisse all’omonimo borgo e se ne ha notizia nel 1565, quando l’edificio aveva l’attuale denominazione (Nostra Domina Tauleto). Nel 1601 il Consiglio Comunale di Sommariva Perno discute la sorte della chiesa che “minatia rovina”, ma nel 1602 lo stesso Consiglio Comunale delibera il pagamento, a favore di un mastro di campane di Carmagnola, di quanto l’eremita Paulo Pittatore doveva ancora pagare per la fabbricazione della campana della chiesa. La chiesa non fu abbandonata del tutto, ma rimase presidiata da una serie di persone, si presume religiosi, comunemente appellati eremiti, vista la vita solitaria che si trovavano inevitabilmente a condurre nell’ormai spopolato sito di Tavoletto. L’eremita badava, per quanto gli fosse possibile, alla cura della chiesa, a suonare le campane in caso di cattivo tempo e ad ospitare i viandanti che avessero necessità di alloggio e cure.

Nei primi anni del Seicento la chiesa si trovava in cattivo stato di conservazione e si sa che necessitava di interventi consistenti, dal momento che i lavori, in fase di avanzamento nel 1604 (anno in cui consiglio dei sindaci delibera “di far finir la fabrica della Mad. di Tauletto”), non risolvettero il problema della fatiscenza dell’edificio, poiché nel 1638 la necessità del restauro della chiesa è ancora agli atti del Consiglio comunale e nel 1650 si ordina addirittura, visto il grave degrado, “di demolir tutta essa fabbrica et redificarla per indietro”. Un ordinato del 1650 risulta essere particolarmente importante perché è uno dei pochi documenti che parlano direttamente dell’edificio, descrivendo il gravissimo stato di degrado in cui versa la chiesa, ed inoltre testimonia la volontà di ricostruire l’intera fabbrica, cambiandone l’orientamento in modo che la facciata si trovi ad essere rivolta verso la strada. La chiesa venne sicuramente riedificata, ma l’orientamento rimase inalterato, subendo solamente una leggera rotazione dell’asse longitudinale della chiesa che si può ancora leggere nella navata principale in corrispondenza della terza campata. Si risolsero così, nella seconda metà del XVII secolo, gli annosi problemi statici dell’edificio mediante una riedificazione sull’esistente, ormai da tempo compromesso e necessitante di continui ed onerosi interventi di manutenzione. Nonostante i problemi statici l’edificio non smise di svolgere la sua funzione di importante fulcro di socializzazione, tanto che nell’agosto del 1650 viene ordinato il taglio dell’erba attorno alla chiesa per celebrare la festa della Madonna di Tavoletto, organizzata per la prima volta dieci anni prima, nel 1640. In quegli anni la chiesa continua ad essere presidiata e gestita da un eremita, citato nella visita pastorale del Monsignor Roero del 1656. Altri religiosi si susseguono negli anni a Tavoletto, sempre menzionati come eremiti; ne abbiamo conferma nell’ordinato del comune del 20 maggio del 1660 quando il Consiglio comunale esprime parere favorevole ad Antonio Lasserio, di origini francesi, il quale si offre spontaneamente per il ruolo di eremita al Tavoletto, vacante da alcuni mesi.

Nel 1662 il Monsignor Roero, vescovo d’Asti, torna una seconda volta a Sommariva Perno. Dalla relazione di questa visita pastorale sappiamo che era stato eretto da poco il campanile grazie all’apporto finanziario del Priore e all’abilità costruttiva del custode Antonio Saverio Gallo. Il campanile “de novo factum” non fu realmente costruito dal nulla, infatti visto che nei primi anni del secolo c’era stato un pagamento per la campana; è quindi probabile che fosse stato rialzato dopo essere stato incorporato nella navata laterale da poco costruita e a causa della quale aveva perso l’armonicità delle proporzioni. Si legge infatti nel documento che il campanile risultava di “proportionata altitudine”. Nella visita pastorale del 1667 del vescovo d’Asti Monsignor Tomati, si parla ancora di un eremita del Tavoletto appartenente all’ordine dei Carmelitani. Si ha notizia poi, dal catasto del 1697 del Comune di Sommariva Perno, delle colture praticate nei territori adiacenti alla chiesa. Il catasto elenca le proprietà dei singoli cittadini individuandone la localizzazione in modo alquanto sommario. Tra campi, alteni, vigne e canapali, le proprietà individuate “al Tavoletto” sono tredici, distribuite quindi su una porzione relativamente estesa di territorio. Il toponimo Tavoletto in questo caso indicherebbe non solo la collina sulla quale era situata la chiesa, ma verosimilmente la più ampia zona in cui in passato sorgeva il Borgo di Tavoleto.

Nel 1740 negli ordinati comunali di Sommariva Perno, in vista del centenario della festa, si ordina di procurarsi il necessario per spettacoli pirotecnici e suonatori, a riprova che la chiesa era considerata di una certa importanza pur trovandosi distante dal centro abitato di Sommariva Perno. Questo fatto ci fa comprendere come la comunità rurale nei pressi di Tavoletto fosse cospicua e soprattutto molto devota alla Chiesa, tanto da indurre il consiglio dei sindaci di Sommariva Perno a studiare un modo per ricavare i soldi necessari al restauro della chiesa.

Nel 1746 fu proposto a tale scopo il taglio dei castagni infruttiferi per farne carbone dalla cui vendita si sarebbero ricavati i soldi necessari ai lavori di restauro della chiesa. Nel 1748 il consiglio comunale nomina Carlo Andrea Arnaldi “romito” di Tavoletto, assegnandogli il compito specifico di suonare le campane in caso di cattivo tempo. Il Vescovo d’Asti Monsignor Caissotti, in occasione della visita pastorale del 1768, precisa che la manutenzione della chiesa spetta alla comunità di Sommariva Perno. Nel 1812 viene ampliata la canonica e costruito un edificio distaccato, di servizio alla stessa. Sebbene l’ipotesi non sia suffragata da alcun documento ufficiale è probabile che nel corso dell’Ottocento anche la chiesa, oltre che la canonica, abbia subito ulteriori e definitive trasformazioni che hanno portato l’edificio ad assumere le caratteristiche formali definitive. La conformazione delle cupole della navata principale sembra infatti essere ottocentesca così come la grossa orditura del tetto, in parte inglobata nella struttura delle volte e quindi posizionata contemporaneamente ad esse.

Durante il XIX secolo, in ragione dell’ampliamento dei locali della canonica, la chiesa di Tavoletto inizia ad assumere un nuovo ruolo istituzionale che si discosta dalle questioni puramente cultuali. Nel 1861 si legge infatti negli ordinati del Comune di Sommariva Perno una delibera che riguarda lo stipendio per le scuole elementari e si parla della scuola di Tavoletto gestita da un cappellano. Tra il 1886 ed il 1887 sorge una controversia tra gli abitanti delle frazioni del circondario per il trasferimento della scuola dalla cappella del Tavoletto alla frazione dei Rossi. Molti genitori delle altre frazioni lamentavano la maggiore lontananza della nuova scuola e la perdita dei benefici aggiunti, generati dalla salubrità del luogo di Tavoletto.

La chiesa di Tavoletto ha sempre beneficiato della sua posizione strategica sulla sommità della collina, essendo quindi non solo ben visibile, ma anche baricentrica rispetto a diverse frazioni sottostanti. Nel 1904, come si legge sul muro absidale, viene portata a termine dal pittore albese Fedele Finati la ridecorazione degli affreschi della chiesa e la canonica subisce ulteriori modifiche. Nelle rubriche “Note d’arte” e “Note di storia” della Gazzetta d’Alba escono tre articoli, tra il novembre 1934 e il febbraio 1935, scritti da Cesare Morello e interamente dedicati a “Nostra Signora di Tevoleto”. Il primo articolo apparso nella rubrica “Note d’arte” prendeva in esame l’aspetto naturalistico, architettonico e artistico; gli altri due erano invece “Note di storia”. Dal primo articolo apprendiamo che nel 1934 la chiesa di Tavoletto si trovava in buono stato, gestita egregiamente dal rettore Don Baracco ed inserita in uno scenario agricolo ben curato. Esternamente non presentava opere d’arte e l’autore non menziona nemmeno le meridiane tutt’ora presenti sul lato meridionale della chiesa. La descrizione dell’interno della chiesa mostra una situazione architettonica sostanzialmente identica all’attuale stato di fatto. Vengono descritti l’altare dedicato a San Vincenzo Ferreri (protettore contro le tempeste e le intemperie) e l’altare maggiore “ammirabile per la ricchissima pala dedicata alla Vergine Addolorata”. Viene notata anche la numerosa serie di dipinti ex-voto conservati nella sacrestia e di molti altri riposti sul solaio.

Nel 1962 muore l’ultimo parroco Don Baracco ed inizia così l’incuria e il degrado dell’edificio. Nel 1976, dopo anni di abbandono, alla luce dei furti susseguitisi negli anni e constatato il valore storico e commerciale della campana, la Curia Vescovile di Alba ordina al Parroco di rimuovere quanto prima la campana di Tavoletto e di aggiungerla alle campane della chiesa parrocchiale. Tra il 1981 ed il 1984 il comitato locale “Amici di Tavoletto” e la sezione albese di “Italia Nostra” operano nel sito compiendo lavori di pulizia e di manutenzione dell’edificio e dell’ambiente circostante.

Nel 2000 nasce l’Associazione “Il Tavoletto onlus”, che ottiene dalla Parrocchia di Sommariva Perno e dalla Diocesi di Alba la gestione del santuario e del sito per farne un centro culturale e di formazione ambientale. Tre anni dopo vengono avviati i lavori di recupero che nel 2009 portano alla riapertura del santuario.

 

 

    Foto Beppe Sacchetto

 

 

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