MOSTRA SILVIA RASTELLI
Torino, 22 Novembre 2017
Mostra di Silvia Rastelli "ESSERE RITRATTO"
Un’esposizione non è mai soltanto la somma delle opere che vengono presentate, anche se ciascuna di esse mantiene una sua specifica autonomia.
Deve essere comunque sempre una narrazione visiva che nasce dall’interazione fra le immagini e il contesto circostante.
Una bella mostra prende forma e vita nella misura in cui riesce ad animare in modo inedito, sorprendente, l’ambiente che la ospita, impregnandosi a sua volta della sua particolare atmosfera, attraverso un dialogo con gli spazi e gli arredi che formano i tratti peculiari del suo interior landscape.
E questo è sicuramente il caso della personale che Silvia Rastelli ha allestito da Old, che è un luogo piuttosto speciale, dedicato al design americano tra le due guerre.
È speciale perché qui gli oggetti decorativi, i mobili, le sedie, i tavoli e i suoi mitici vecchi juke-box, non sono esposti come in una galleria, ma si presentano come un ben studiato arredamento di un’abitazione, vera e propria estensione del gusto, delle passioni e della sensibilità dei padroni di casa Elisabetta e Paolo De Angelis.
In un certo senso si può dire che le figure e i ritratti e autoritratti dipinti dall’artista sono delle immagini di personaggi invitati a risiedere per un certo periodo in questo luogo affascinante, a farsi ammirare e a interagire direttamente con gli altri invitati, e cioè i visitatori.
Questi ultimi sono sollecitati a riflettere su che cosa significa “Essere Ritratto”, e magari anche a immaginare di diventare loro stessi soggetti di ritratti, mettendosi in posa davanti all’artista al lavoro.
Lo spirito di questa esposizione è nel segno della condivisione e della convivialità: grazie alla qualità dell’ambiente l’arte diventa, per così dire, “arte abitabile”, nel senso più vitale e suggestivo del termine.
Silvia Rastelli è figlia d’arte. Suo padre Giorgio è un valente scultore, maestro artigiano nella modellazione di agili e fluttuanti figure in legno policromo che si stagliano nello spazio tridimensionale. Lei invece ha scelto, come artista figurativa, la bidimensionalità della pittura e del disegno, che però si coniuga felicemente con l’altra sua pratica espressiva, per lei altrettanto essenziale, quella della danza, attraverso cui da vita anche a delle forme plastiche dinamiche nello spazio ambientale, che possiamo interpretare in un certo senso come “sculture viventi”.
Questo avviene quando, in occasione delle sue mostre, realizza delle ben studiate performance innescando un serrato dialogo fra corporei arabeschi coreografici e eteree configurazioni del sua stessa persona, disegnate e dipinte.
Questi pannelli durante la performance funzionano scenicamente quasi come delle quinte, ma viste da soli sono dei quadri con una tensione estetica autonoma, dove l’eco dei movimenti vivi viene nitidamente fissato in una iconica definizione di linee e colori.
In queste composizioni, le figure sembrano giocare a rimpiattino con i limiti del supporto e con le vivaci campiture cromatiche piatte, spuntando parzialmente in varie posizioni, con effetti di sorprendente e spiazzante suggestione.
Un’analoga sintassi composizione ma in forma più staticamente concentrata e con una messa a fuoco ravvicinata che inquadra solo le teste, viene utilizzata nella variegata produzione di ritratti, che sono i lavori a mio parere più riusciti e incisivi di Silvia.
La particolare efficacia deriva dall’immediato impatto visivo delle immagini allo stesso tempo sostanzialmente sintetiche e analiticamente descrittive.
I volti, delineati con grande precisione fisiognomica, e lievi e accurate variazioni chiaroscurali, ci guardano con enigmatica impassibilità frontale, ma sempre da una posizione laterale che sta in parte dentro e in parte fuori dai bordi.
Queste opere, con solidi confini quadrati o rettangolari, nascono dalla combinazione fra tre fondamentali componenti che interagiscono fra loro in modo equilibrato e sinergico: il disegno, la superficie del supporto, e il colore.
Il disegno in bianco e nero, tracciato a graffite, emerge dalla chiara superficie lignea che viene percepita come l’incarnato dei volti, e viene circoscritto dalle stesure cromatiche che funzionano da sfondo, e che sono altrettanto essenziali nell’economia complessiva della composizione, come indispensabile contrappunto.
In questo modo l’artista realizza delle opere complete, ma invece di utilizzare la tradizionale tecnica accademica che prevede nell’elaborazione delle figure la fusione fra disegno e intervento pittorico (ricoprendo tutto il fondo) ha scelto una strategia operativa in cui i vari elementi sono presenti e agiscono in scena indipendentemente , anche se poi arrivano a una felice sintesi dialettica finale. In questo modo Silvia ha messo a punto uno stile personale che corrisponde molto bene agli aspetti più salienti della sua vivace personalità. Uno stile, con valenze realistiche e soft-pop, che potrà avere ancora interessanti e forse sorprendenti sviluppi.
Foto Stefano Tonetto
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