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Foto: beppe © 2016

 



IL CASTELLO DI RIVOLI

La collina di Rivoli, quasi certamente sin dal periodo romano, grazie alla sua posizione strategica, nelle vicinanze della la Strada delle Gallie ha visto una presenza umana. Di un edificio fortificato, il “Castrum Riuollum”, però, se ne parla solo nel 1159 e la prima illustrazione datata 1609 mostra un torrione centrale attorniato da edifici di varia dimensione e lungo le pendici della collina il giardino che ingentilisce l’aspetto militare del complesso. Proprietà dei Vescovi di Torino, il Castello entra a far parte dei domini sabaudi nel 1247, e seguirà le sorti della dinastia sino al 1883, quando verrà venduto alla Città di Rivoli. Nel 1350 viene scelto come cornice del matrimonio di Bianca di Savoia e di Galeazzo Visconti.

Quando Emanuele Filiberto scelse Torino come nuova capitale del Ducato, dato che la città era ancora in mano francese, egli si stabilì con la sua corte a Rivoli e il suo erede Carlo Emanuele nacque nel Castello il 12 di gennaio del 1559, sotto le cure e i buoni auspici di Nostradamus, convocato per seguire la gravidanza della duchessa Margherita di Valois. Per questo motivo l’edificio venne ammodernato dagli architetti Francesco Paciotto e Domenico Ponsello. Il nuovo duca Carlo Emanuele I, incaricò gli architetti Castellamonte, padre e figlio di trasformare l’antico maniero medioevale in residenza di loisir . come lo vediamo nelle due tavole del Theatrum Sabaudiae , narrazione celebrativa per immagini delle città, le fortezze, le residenze e tutte le bellezze del Ducato. Ed ecco comparire per la prima volta la Manica Lunga, l’edificio nato per ospitare la Pinacoteca di Carlo Emanuele I, unito al castello dalle 4 alte torri e alla chiesa dedicata a San Carlo Borromeo, mai realizzata.

Il cantiere verrà completato nel 1670, e il Castello ospita altri eventi importanti come la celebrazione del compleanno di Cristina di Francia, seconda Madama Reale, tenutosi il 10 febbraio del 1645. Di quel periodo oggi ci rimane, unico esempio la sala di Amedeo VIII, al secondo piano, sola sopravvissuta dopo il passaggio delle truppe francesi del Maresciallo Catinat, che mise a ferro e a fuoco l’edificio nel 1690 e nel 1693. Vedendola bruciare da Torino, il giovane duca, Vittorio Amedeo II , si ripromise di ricostruire e rendere ancora più bella quella residenza così tanto legata alla storia dei Savoia e da lui molto amata. Proprio a Rivoli annunciò sia la sua salita al Trono, che la sua abdicazione nel 1730. E purtroppo anche il momento più doloroso della sua vita e del suo regno, la sua prigionia nel 1731.

Passati i venti di guerra Rivoli deve risorgere, vengono consultati gli architetti del Re Sole, i primi progetti sono redatti dall’architetto Michelangelo Garove, che traccia lo Stradone del Re, oggi corso Francia, l’arteria scenografica che porta alla nuova Reggia . L’edificio viene ingrandito, si abbattono le torri danneggiate e in quelle in testata viene creato il sistema di scale a doppie rampe, di leonardesca memoria, che ancora oggi porta dal piano terreno all’ultimo, senza entrare nelle sale. Sarà con Filippo Juvarra, giunto a Torino nel 1715. a prendere forma, partendo dal lavoro del Garove, morto nel frattempo, il grandioso progetto di reggia, nuovo simbolo del potere assoluto di Vittorio Amedeo II, divenuto re di Sicilia.

Un luogo in grado di rivaleggiare con le altre residenze europee, un sogno mai totalmente realizzato, da apprezzare nella sua interezza soltanto grazie al magnifico modello ligneo dell’Ugliengo, alle tele dipinte dai migliori vedutisti dell’epoca e ai progetti. Un edificio sontuoso, scenografico, senza la Manica Lunga, destinata ad essere demolita, dall’imponente corpo centrale attorniato da due ali speculari, il tutto coronato da balaustre e statue nel pieno stile juvarriano. All’interno raffinati appartamenti decorati da pittori provenienti da tutta Italia, con arredamenti preziosi, oggi completamente perduti. Mai realizzati, invece, l’ elegante atrio, e al piano nobile l’ imponente salone da ballo, causa dell’arresto dei lavori nel 1734, dovuti all’alto costo del cantiere, ma anche ai fatti tragici legati alla prigionia di Vittorio Amedeo II proprio qui.

E lo vediamo ancora oggi, il punto in cui si è arrestato il cantiere, nell’imponente atrio a cielo aperto dove i basamenti sono ancora in attesa delle colonne, rimaste nella cava della Valle di Susa, con la scalinata, oggi ad una sola rampa e qualche scalino, che arriva nel niente, sino al grande taglio ancora in mattoni, mai terminato. Si dovrà attendere il 1793 perché a Rivoli riprendano i lavori, ma i tempi grandiosi sono passati, il Castello e tutte le sue pertinenze diventano appannaggio del secondogenito di Vittorio Amedeo III, Vittorio Emanuele duca d’Aosta, e della moglie Maria Teresa d’Austria-Este, arriva un nuovo architetto, Carlo Randoni, che, nonostante tutto, nei suoi primi progetti immagina di riprendere laddove Juvarra aveva interrotto. A questo periodo appartiene l’appartamento al secondo piano, dal gusto totalmente rinnovato, e alla moda, uno stile che guarda all’Inghilterra, in linea con le nuove idee portate in Piemonte da una certa aristocrazia illuminata, che sarà il tramite dell’arrivo a Rivoli delle nuove maestranze.

Di quel periodo è la scala, di cui oggi rimangono solo più i graffiti di cantiere, con gli scalini, sulle pareti dell’atrio interno, demolita nel corso dei lavori di restauro tra il 1979 e il 1984. Nel periodo napoleonico il Castello venne chiuso, come la maggior parte delle altre residenze, molti mobili non erano già più presenti, altro venne portato a Torino; l’Imperatore decise di donare il complesso al Maresciallo Ney, novello principe della Moscowa, in quanto comandante titolare di una coorte della Legion d’Onore. Con la Restaurazione vennero ripresi i lavori da parte del Randoni, ma ormai il Castello di Rivoli aveva perso importanza. Per coprire le spese esso venne frazionato e affittato al Comune che lo usò per alloggiare un battaglione dell’esercito. A questo proposito si decise di costruire un collegamento tra Castello e Manica. Dopo 5 secoli, nel 1883, per la somma di 100.000 lire il Castello passa da Casa Savoia, alla Città di Rivoli, e da questa affittato all’esercito, i soldati, che sino al 1909 occupano la struttura, la devastano e la danneggiano apportando modifiche a loro confacenti, ma che, erano totalmente incuranti dell’edificio.

Nel 1909 e nel 1911 ritornano, ma brevemente, gli antichi splendori grazie a due esposizioni, ma poi più nulla, ancora spoliazioni e occupazioni durante la Seconda Guerra Mondiale, tra cui quella tedesca. I bombardamenti lasciarono profonde ferite nell’edificio tamponate, nel 1948, con primi interventi d’urgenza da parte del Genio Civile. Con il Centenario dell’Unità d’Italia per il Castello di Rivoli, sino a quel momento presenza silenziosa e ingombrante per taluni, venne stanziata l‘importante cifra di 1 miliardo e 120 milioni, inadeguata per il recupero dell’intero edificio e cosi destinata ad altre residenze in attesa di tempi migliori. In Manica Lunga vivevano 277 sfollati, vi erano vari esercizi commerciali che vi erano : la segheria in cortile, il negozio di alimentari, il laboratorio meccanico e le stalle I primi lavori, smantellarono le strutture dell’atrio costruite durante il periodo dei militari, e finalmente fu riportato alla luce e pulito il cotto della grande testata che sovrasta l’incompiuto juvarriano.

Nel 1969 venne fatta la proposta di aprire un casinò, come era già accaduto per soli due mesi nel 1945, proposta, non ebbe il credito sperato. Con la fine degli anni ’60 si riaccende una speranza per Rivoli, arrivano i primi fondi, l’ architetto Andrea Bruno, al cui nome è legata la rinascita del complesso, fornisce i primi rilievi, si registra la quasi totale scomparsa dei serramenti esterni, i danni della pioggia e umidità a stucchi e dipinti, le poche tappezzerie a brandelli, parti in legno ormai marce. I primi crolli, peraltro annunciati, si ebbero nel 1978, a cedere fu la volta del grande salone al secondo piano.

La Regione Piemonte, dopo le numerose segnalazioni, decise di intervenire e il complesso le venne affidato con un comodato di 29 anni, per adibire il Castello a funzioni pubbliche e culturali. Ecco comparire in soccorso a Rivoli, il Marchese Panza di Biumo, importante collezionista d’arte contemporanea, alla ricerca di un luogo dove poter allestire una parte della sua collezione Agosto 1979, si apre il cantiere di restauro per il solo Castello, che durerà sino al 1984, quando riapre le porte come Museo d’Arte Contemporanea. Un lavoro che ha tenuto conto di tutta la sua storia, rispettandone l’architettura e laddove si è fermata.

Con inserzioni moderne come l’ascensore, la grande scala sospesa , la passerella sulla volta nervata di fine settecento e lo sporto panoramico al terzo piano. E la Manica Lunga? Dal 1984 al 1986 Andrea Bruno comincia a lavorare, ma purtroppo la mancanza di fondi fa chiudere il cantiere, riaperto soltanto nel 1996. Si deve aspettare il febbraio del 2000 affinché l’edificio, nato per ospitare la pinacoteca di Carlo Emanuele I, al suo splendore . Anche qui si mantiene la struttura inserendo parti come la copertura in acciaio a forma di carena rovesciata della volta , o le scale in acciaio e vetro agganciate alla struttura seicentesca. Le grandi vetrate aperte in testata illuminano i vani della caffetteria, diventata anch’essa scrigno d’arte con opere della collezione, e degli altri servizi del museo.

Completamente nata dall’idea di Andrea Bruno la piccola manica parallela che ospita il ristorante a due stelle Michelin Combal.O, anche qui la contemporaneità dialoga con il passato come ovunque al Castello di Rivoli.

 

 

 

    Foto Beppe

 

 

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